Good Bye, Giuseppi!

Annunciazione, annunciazione. L’oscena commedia della politica italiana giunge al suo prevedibile esito: governo affidato a Mario Draghi, i liberisti tornano in sella, l’Unione Europea manda il suo Viceré a prendersi cura, rianimare o eventualmente seppellire la Provincia malata.

Ma le cose stanno davvero così? Lo stop della globalizzazione, intuito già nel 2019 sulle colonne del giornale anarchico “Vetriolo”, deflagrato nell’ultimo anno di crisi generale economico-sanitaria, può essere normalizzato dai Bocconi avvelenati di un burocrate pluri-laureato? Solo il tempo potrà dircelo.

Draghi ha potenti alleati, anche oltre mare, per esempio nel nuovo Presidente USA; ma le convulsioni di questi anni sono state troppo forti per risolversi con troppa facilità. Ai tempi del Biennio Rosso, il fascismo era emerso come risposta alla rivoluzione mondiale. Oggi non c’è nessuna peste rossa – motivo per cui, non ci stancheremo mai di ripeterlo, non c’è nessun pericolo fascista – ma le mezze classi e la piccola borghesia stanno perdendo potere economico, da ultimo a causa dei lockdown e della quarta rivoluzione industriale. Pensare che questo fenomeno «geologico» si arresti tanto facilmente è da illusi. Semmai il 2020 è stato l’anno dove maggiormente si è concentrata la ricchezza nelle mani di pochi (unica tendenza liberista che non è entrata mai in crisi).

Quello che è certo è che dietro la parvenza della lotta tra liberisti e sovranisti ciò che si prepara è il nostro sterminio. Come individui refrattari, e come classe pericolosa.

American psycho

Sarà a causa dell’intelligenza artificiale, sarà a causa dello smog, sarà a causa del cibo spazzatura o degli psicofarmaci, chi può dirlo, ma come negare che quella in cui viviamo è l’epoca nella quale gli intellettuali non sono mai stati tanto stupidi, tanto poveri di intelletto. Dove per intelletto si intende quella capacità negativa della mente di scindere e sezionare, di determinare l’inderminato, di fare la negazione radicale del «complesso» in giudizi semplici e taglianti.

I politologi ben ingrassati sulle poltrone di tutti i giornali non hanno saputo rappresentare la crisi politica italiana se non come frutto della «pazzia», della natura «egocentrica» della personalità di Matteo Renzi, della sua «gelosia» per la popolarità del suo rivale. Nessuno che si sia azzardato a guardare sopra, verso chi muoveva i fili.

Uno di questi fili porta a Washington. I quattro lettori del quotidiano «il manifesto» forse si saranno risvegliati dal coma profondo quando lo scorso settembre è uscito un brillante retroscena sulle colonne di quel giornale: se Biden vince le elezioni a novembre, a gennaio, dopo che si sarà insediato il nuovo Presidente USA, Renzi farà cadere il governo Conte. Figuriamoci se il pavido bamboccio di Rignano sull’Arno si mette a fare un casino del genere senza la benedizione dello Zio Sam. Se il problema di Renzi fosse solo psichiatrico, come sostiene la stampa italiana, beh allora sarebbe quanto meno un american psycho.

Ricordiamoci che Giuseppe Conte era stato benedetto direttamente da Trump nel famigerato Tweet: «Starting to look good for the highly respected Prime Minister of the Italian Republic, Giuseppi Conte».

Sconfitto Trump, serviva anche in Italia un governo di restaurazione liberista. Sconfitto Trump, non c’è più spazio per «Giuseppi».

Chissà come la stanno prendendo quei rosso-bruni che hanno scommesso sul sovranismo giacché questo, a loro dire, quanto meno questo avrebbe danneggiato gli odiati americani e la perfida Europa. Usciranno dal tunnel? Probabilmente faranno come nel capolavoro di Wolfgang Becker, Good Bye, Lenin!, dove il protagonista, per tutelare la salute morale della madre, fervente comunista, uscita dopo 8 mesi di coma, simula la normalità della DDR all’interno di una stanza del proprio appartamento come se il Muro non fosse mai caduto.

E chissà se gli antifascisti in servizio permanente effettivo si renderanno conto di aver lavorato – in tutti questi anni di contestazione all’anomalia sovranista – per il Re di Prussia? Ovvero per la restaurazione dell’ordine liberale mondiale.

«Arbeit macht frei»: Willkommen in Confindustrialand

Ma ci sono fili ben più corti, che vengono direttamente da Milano, che hanno manovrato i personaggi del teatrino dei burattini della politica italiana.

Il vero grande protagonista dell’Operazione-Draghi è stato senz’altro la Confindustria. Da dicembre comincia un bombardamento coordinato dai palchi del boss Bonomi, dalle pagine del “Sole 24 Ore” o dalle colonne di quella che ormai è «la-Repubblica-degli-Agnelli».

Eppure Conte ha fatto di tutto per tutelare gli interessi dei padroni. Prima, non ha chiuso Bergamo e Brescia, facendo una strage. Poi, ha chiuso tutta Italia, per evitare che la sperequazione Nord-Sud venisse attenuata. Intanto le fabbriche restavano aperte. Poi, quando gli scioperi di fine marzo 2020 hanno imposto la chiusura delle fabbriche, è corso a firmare i protocolli sulla «sicurezza» coi salti in banco dei sindacati per farle riaprire. Sul piano extra-economico ha mantenuto l’ordine con la violenza, col massacro nelle carceri, i pestaggi punitivi, le operazioni anti-anarchiche e con lo stillicidio di multe e denunce verso chiunque osava uscire di casa.

Ma cosa vogliono ancora di più lorsignori? «Cosa vogliamo? Vogliamo tutto!», risponde Bonomi, in una sorta di «anni ’70 al rovescio» dove sono solo i padroni a fare la lotta di classe e pretendere sempre di più.

Non gli vanno ancora giù i timidi «miglioramenti» a favore dei lavoratori con cui il «Giuseppi I» ha levigato, impercettibilmente, il Job Act. Ma soprattutto, rispetto alle politiche del «Secondo tragico Giuseppi» non gli vanno giù i miliardi elargiti come elemosina per tenere il paese in «Stato di rianimazione» e non gli va giù la proroga del blocco dei licenziamenti. E se si stesse un poco più attenti con le date, si noterebbe che i bombardamenti coordinati Confindustria-Sole-Repubblica si intensificano dopo che il governo proroga proprio il blocco dei licenziamenti, dal 31 dicembre scorso al prossimo 31 marzo.

Da ultimo Bonomi ha lanciato il tormentone sul «Sussidistan». Espressione razzista per dire che l’Italia è un paese asiatico di pezzenti che vivono di sussidi, tipo il Kazakistan, l’Uzbekistan, ecc.

In realtà il paese che vuole Bonomi è il Confindustrialand. Un grande lager a trazione teutonica, dove si esce di casa solo per lavorare, giacché come dicevano i suoi padri immorali solo «il lavoro rende liberi».

Per chi suona la Campania

Un’altra linea di lettura affatto sviluppata dai commentatori di professione di questi giorni è che ci sia un asse di rottura Nord-Sud, non solo nelle tensioni sociali, ma anche tra gli stessi politicanti. Si provi a prestare più attenzione al fatto che Conte sia pugliese, che lo stesso Movimento 5 Stelle abbia preso una valanga di voti al Sud e che l’operazione-responsabili per tentare di salvare il governo Conte dalle grinfie dei Draghi della Confindustria (operazione fallita) sia stata portata avanti in particolare da Clemente Mastella, vecchio volpone democristiano campano e attuale sindaco di Benevento.

Non che questa gentaglia si sia all’improvviso rinsavita. Ma questi vecchi malandrini (Mastella, Cirino Pomicino) hanno una lettura cattolica e un po’ mafiosotta delle questioni sociali. Non bastonare fino alla morte il popolo bove, dare qualche bastonata, ma anche qualche carota. Questi personaggi, dal basso della loro scaltrezza, devono aver capito che la situazione, specialmente nel Meridione, è esplosiva.

Lo scontro interno ai governanti quindi si è sviluppato anche sull’asse di una Confindustria «calvinista» che vuole andare fino in fondo nella macelleria sociale («se qualcuno morirà pazienza», secondo l’espressione del lurido Domenico Guzzini, presidente di Confindustria Macerata) e una borghesia «terrona» cattolica e più disponibile, in tutti i sensi, al compromesso.

Che gli sconfitti di questo round siano per forza di cose degli scemi dinosauri della storia non è però detto. Da vecchi «agrari» i democristiani che si sono opposti all’Operazione-Draghi sanno bene che pure il bove più mansueto, a furia di venire bastonato, può diventare molto pericoloso.

È quello che è successo, guarda caso, a Napoli la notte del 23 ottobre. L’arroganza di Bonomi e compagni di merende, evidentemente troppo lontani da certa feccia nei loro palazzi di vetro, potrebbe portare i loro burattini a fare dei brutti passi falsi.

Ma la campana sta suonando anche per noi. Lo Stato e i padroni fanno come gli pare perché da anni il movimento degli sfruttati è allo sbando. Perché ormai anche il movimento rivoluzionario è afono e il movimento anarchico, estinti tutti i sinistri, da solo non si sta ancora dimostrando in grado di essere la leva dell’insurrezione. Nonostante la rabbia aumenti noi sembriamo del tutto impotenti ad aprire per primi le danze, se si esclude qualche gloriosa azione esemplare.

Non possiamo farci trovare ancora una volta impreparati. Il progetto dei potenti è molto chiaro. Stanno suonando la carica. Cercano l’impatto violento contro le nostre carcasse e per questo hanno cambiato timoniere. Si devono rompere il muso.

Sansone e Dalila

[Pubblicato nel sito internet malacoda.noblogs.org, 4 febbraio 2021].

PDF: “Good Bye, Giuseppi!“.