Stramonio, n. 1
Aperiodico anarchico di critica radicale
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Il cammino del deserto esistenziale avanza inarrestabile, divorando corpi e menti.
Il culto della morte trova il proprio apogeo nelle moderne appendici tecnologiche di cui la società si dota, mentre suicidi e atti di autolesionismo paiono l’unica risposta al vuoto vorticoso che ci pervade.
La miseria quotidiana ci conduce a vivere ossessivamente giornate uguali a sé stesse, rinchiusi nelle nostre case, occupate o meno, apparentemente risolti nell’approvvigionamento quotidiano di cibo e compagnia.
Potremmo rivoltarci drasticamente contro tutto, ma ne abbiamo la volontà e la forza?
Siamo disposti a perdere quel briciolo di comodità e libertà in cambio dell’insicurezza del vivere? Qualcuno anni fa ha detto che rassegnarsi è uguale a morire e che la rivolta è vita. Noi abbiamo già scelto da che parte stare, anche se è faticoso, duro e sconfortante. Sappiamo che vogliamo vivere. Vivere e godere. E incendiare i lacci che ci strangolano.
Forse non a tutti la conquista dei piaceri materiali, pur ottenuti attraverso pratiche a-legali, basta per sentirsi appagati.
Non fintanto che intorno al nostro perimetro liberato continuano a perpetrarsi i medesimi meccanismi soverchianti e opprimenti. Finché il mondo rimane tale, finché ci accontentiamo di abdicare alla vita.
[Stramonio, n. 1, giugno 2015]