Possibilità di pressione sul regime dittatoriale in Bielorussia
Riflessioni non solo su come migliorare la situazione dei detenuti anarchici nella cosiddetta Bielorussia, ma anche su come contribuire alla caduta della dittatura locale.
Recentemente, degli anarchici che hanno già avuto un’ampia esperienza della repressione del regime di Lukashenko sono stati imprigionati. Dmitry Dubovsky, Igor Olinevich, Sergei Romanov, Dmitry Rezanovich, Mikola Dziadok, Akihiro Gaevsky-Hanada e altri. La ragione dei loro arresti è chiara: hanno resistito alla dittatura. Il regime in Bielorussia non è diverso da altre dittature. Non accetta la resistenza attiva alla propria malvagità, anche se si tratta solo dell’attività di singoli individui o di piccoli gruppi. La classe dirigente si rende conto che dopo tanti anni di oppressione, ogni resistenza ha il grande potenziale di diventare sempre più grande fino al punto tale che il regime possa esserne travolto e cadere.
La repressione da parte delle strutture che difendono il regime sta crescendo mano a mano che la resistenza diventa più massiccia. Ci sono già migliaia di persone nelle strade delle città bielorusse che cercano di rovesciare il dittatore. La maggior parte di loro non ha altro scopo se non quello di stabilire nel paese una democrazia parlamentare di tipo occidentale. Da una prospettiva anarchica, questo può essere visto come un atteggiamento incoerente che non affronta la natura cruciale del problema.
Tuttavia, da ciò si possono trarre due conclusioni positive.
1. La sola pressione sul regime e il possibile conseguimento del suo crollo può significare un miglioramento della situazione degli anarchici imprigionati e degli altri detenuti. Ci potrebbero essere una riduzione delle pene, migliori condizioni di detenzione, o addirittura delle scarcerazioni.
2. Qualsiasi ribellione contro l’oppressione, per quanto riformista possa essere all’inizio, ha il potenziale di potersi avvicinare in un secondo momento a degli obiettivi rivoluzionari. La partecipazione attiva delle minoranze rivoluzionarie può contribuirvi sollecitando delle attività al di fuori della cornice democratico-borghese.
Ciò che sta accadendo nella cosiddetta Bielorussia non è una rivoluzione sociale come la pensano gli anarchici. Non facciamoci illusioni, in modo da non dover affrontare il dolore della disillusione in seguito. Non cerchiamo negli avvenimenti quello che non c’è. Ma non prendiamo nemmeno la mancanza di contenuto rivoluzionario come un pretesto per starsene passivamente da parte. È necessario non farsi illusioni, ma allo stesso tempo intervenire nella situazione con metodi anarchici. Cercando di invertire il corso degli eventi in favore di obiettivi anarchici.
Alcuni anarchici in Bielorussia si sono visti ridurre le loro condanne come risultato della pressione da parte della comunità internazionale, delle organizzazioni per i diritti umani, della diplomazia e persino dei membri del parlamento europeo. Alcune persone ora ripongono le loro speranze in questi ambiti. Anche se un rilascio anticipato è un enorme sollievo per i compagni e i loro cari, anche qui è necessario badare alle illusioni. Se il regime di Lukashenko continua ad allentare le misure repressive sotto la pressione della diplomazia o delle élite che governano gli altri paesi, questo non è un segno di buona volontà. Non è un aiuto disinteressato. Di solito è una scelta strategica finalizzata a rendere il regime più legittimo agli occhi della critica straniera, quindi allentare la pressione internazionale. La scarcerazione di diversi prigionieri suscita l’impressione che il regime stia riflettendo sui suoi errori e non voglia continuare a commetterli. Tuttavia, questa è una manovra di copertura. Il regime non cambia la propria natura. Prosegue sugli stessi binari, anche con il supporto delle organizzazioni ufficiali di difesa dei diritti umani, che inconsapevolmente concorrono dall’estero a creare un quadro del regime migliore di quello che è in realtà.
Qualsiasi miglioramento nella situazione dei compagni reclusi è una notizia decisamente positiva. Ma non possiamo permettere che questa diventi una scusa per abbandonare la prospettiva anarchica e la negazione, senza compromessi, delle strutture autoritarie proprie di tutti gli Stati. I membri del parlamento eruropeo e i diplomatici del governo non possono essere celebrati acriticamente. Anche se a volte sostengono la liberazione degli anarchici dal carcere, non stiamo dalla stessa parte. Non dobbiamo vederli come una speranza, perché i loro scopi bloccano e ostacolano i nostri obiettivi.
Igor Olinevich, uno degli anarchici imprigionati, ha espresso scetticismo sull’aiuto dei governi e delle loro istituzioni nel suo diario in carcere, Andando a Magadan, nel 2011, quando ha scritto: «La Bielorussia gioca il ruolo di un paese primario, il più inquinato dal punto di vista ambientale, economicamente attraverso il petrolio, il gas, la produzione di materie plastiche, integratori alimentari, fertilizzanti, carta, cemento, ecc. In generale, l’Europa può adottare risoluzioni e portare avanti manovre di decoro democratico a volontà, ma in realtà non si preoccupa di tali questioni. “Si può commerciare anche con i cannibali” – questa è l’essenza della politica europea».
Questa non è solo un’espressione di sfiducia nella politica ufficiale. È anche un’indicazione su dove dovrebbero incamminarsi le forze rivoluzionarie. I governi dell’Unione Europea e gli uomini d’affari sono interessati principalmente in un commercio internazionale regolare, senza intoppi. Se il regime di Lukashenko non impedisce loro di averli, non hanno motivo di premere per la sua rimozione.
Come ha osservato bene Igor Olinevich: «Non abbiamo nessun luogo da cui aspettarci aiuto. Nessuno ci salverà se non noi stessi».
Se sappiamo che la stabilità del regime bielorusso dipende dal commercio con i paesi limitrofi, ne consegue che il blocco di questi traffici contribuisce in modo significativo alla sua destabilizzazione. Anni fa, Igor ha evidenziato i settori economici chiave del paese. Ognuno di noi ha la facoltà di saperne di più sui singoli attori economici e sulla loro posizione nella regione in cui viviamo. E chiunque, anche con risorse minime, può creare problemi o interrompere kle loro attività. Il regime bielorusso non è un fenomeno isolato e racchiuso tra i confini nazionali. I suoi interessi economici e politici sono diffusi in tutto il mondo. Rintracciare e intervenire ha più senso che affidarsi alle manovre delle potenze.
Lukáš Borl, dicembre 2020
[Traduzione in italiano di malacoda.noblogs.org. Testo in inglese pubblicato in lukasborl.noblogs.org].
Possibilities of pressure on the dictatorial regime in Belarus
Reflections not only on how to improve the situation of imprisoned anarchists in so-called Belarus, but also on how to contribute to the fall of the local dictatorship.
Recently, anarchists who already have extensive experience in Lukashenko’s regime repressions have been imprisoned. Dmitry Dubovsky, Igor Olinevich, Sergei Romanov, Dmitry Rezanovich, Mikola Dziadok, Akihiro Gaevsky-Hanada and others. The reason for their prosecution is obvious: they resisted the dictatorship. The regime in Belarus is no different from other dictatorships. It does not accept active resistance to one’s own evil, even if it is only the activity of individuals or small groups. The ruling class realizes that after so many years of oppression, any resistance has great potential to become richer until the regime overwhelms it and falls.
Repression by the structures defending the regime is growing as resistance becomes massive. There are already thousands of people on the streets of Belarusian cities seeking to overthrow the dictator. Most of them have no other goal than to establish Western-style parliamentary democracy in the country. From an anarchist perspective, this can be seen as an inconsistent attitude that does not address the fundamental nature of the problem.
Nevertheless, two positive conclusions can be drawn from this.
1. The very pressure on the regime and the possible achievement of its collapse can mean an improvement in the situation of imprisoned anarchists and other prisoners. There may be a reduction in punishment, improved prison conditions, or even release.
2. Any rebellion against oppression, however reformist it may be at first, has the potential to later cling to revolutionary goals. The active participation of revolutionary minorities can contribute to this by pushing for activities beyond the limits of the bourgeois-democratic framework.
What is happening in so-called Belarus is not a social revolution as the anarchists think. Let us not have any illusions, so that we do not have to deal with the pain of disillusionment later. Let’s not seek in events for what is not there. But let’s also not take the missing revolutionary content as a pretext to passively set aside. It is necessary to be without illusions, but at the same time to intervene in the situation in anarchist ways. Trying to reverse the course of events in favor of anarchist goals.
Some anarchists in Belarus have had their sentences reduced as a result of pressure from the international community, human rights organizations, diplomacy and even members of the European Parliament. Some people now relate their hopes to these realms. Although early release is a huge relief for comrades and their loved ones, even here it is necessary to beware of illusions. If the Lukashenko regime proceeds to loosen repressive measures under pressure from diplomacy or ruling elites from other countries, this is not a sign of goodwill. It is not selfless help. It is usually a strategic choice to make the regime more legitimate in the eyes of foreign critics and thus ease international pressure. The release of several prisoners gives the impression that the regime reflects its mistakes and does not want to continue them. However, it is a cover-up maneuver. The regime does not change at the core. It goes on the same tracks, only with the support of official human rights defenders, who unknowingly help from abroad to co-create a better picture of the regime than it really is.
Any improvement in the situation of imprisoned comrades is very positive news. But let us not allow this to become an excuse to abandon the anarchist perspective and the uncompromising negation of the authoritarian structures of all states. Members of the European Parliament and government diplomats cannot be celebrated uncritically. Although they sometimes advocates the release of anarchists from prison, we are not associated with a partnership. We must not look at them as hope, because their goals meant blocking and obstructing our goals.
Igor Olinevich, one of the imprisoned anarchists, expressed skepticism about the help of governments and their institutions in his prison diary “I’m going to Magadan” in 2011 when he wrote: “Belarus plays the role of a primary, most environmentally polluted country economically through oil gas, the production of plastics, food supplements, fertilizers, paper, cement, etc. In general, Europe can adopt resolutions and carry out decorative maneuvers on democracy at will, but in fact it does not mind such a state of affairs at all. `It is also possible to trade with cannibals` – that is the essence of European politics.”
This is not just an expression of distrust in official politics. It is also an indication of where the revolutionary forces should go. European Union governments and businessmen are primarily interested in smooth international trade. If Lukashenko’s regime does not prevent them from doing so, they have no reason to push for his removal. As Igor Olinevich remarked well, “We have nowhere to expect help from. No one will save us except ourselves. ”
If we know that the stability of the Belarusian regime depends on trade with neighboring countries, it follows that the blocking of these trades significantly contributes to destabilization. Years ago, Igor outlined which economic sectors are key in the country. Each of us has the ability to find out more about individual economic actors and their position in the region in which we live. And anyone, even with a minimum of resources, can make problems or stop their operation. The Belarusian regime is not an isolated phenomenon closed between national borders. His economic and political interests spread throughout the world. Tracking and intervening makes more sense than relying on the maneuvers of the powers.
Lukáš Borl, december 2020
[Text taken from lukasborl.noblogs.org].