Con ogni mezzo necessario. Dossier sulla nuova inquisizione (1996)
«Perché gli anarchici? Domanda fondata: perché gli anarchici? Una trascurabile minoranza di individui contrari a tutto, incuranti di prendersi cura di se stessi, cioè di accaparrarsi protezioni e benevolenze.
Perché mai uomini seri, anzi serissimi, del tetro colore delle nottole care a Minerva, dovrebbero fare carte false per metterli in difficoltà? Per condannarli a decenni di carcere?
Possibile che non ci siano, fra le pieghe ammuffite dei codici italiani, leggi sufficienti a frenarli “secondo le regole”, secondo le regole democratiche che uomini comme il faut si sono date e che pretendono imporre a tutti come strumenti di civile convivenza?
Certo, gli anarchici rompono la monotonia concorde del plauso generale al regime che va coagulandosi come il sangue in una ferita mortale. Rompono l’orizzonte di acquiescente certezza nelle capacità dei governanti di fare le fortune dei governati. Rompono.
Bisogna metterli a tacere, e per farlo occorre un bavaglio adatto.
Fra gli uomini in toga c’è un uomo particolare, mi sia consentito questo aggettivo che potrà sembrare fuor di luogo. Quest’uomo particolare si chiama Vigna, Pierluigi Vigna, integerrimo e occhiuto sbirro in toga e codino nero. Non ama gli anarchici. Ebbene, che c’è di strano? Quali sono stati mai i procuratori della repubblica innamorati degli anarchici? Ma questo procuratore, che officia in quel di Firenze, li ha in odio nel vero senso della parola, un odio sopraffino, di quelli che sembrano uscire diretti diretti dalle disavventure familiari, sapete, uno di quegli odi che mandano il sangue agli occhi, che fanno afferrare il coltello di cucina e giù: zacchete, tagliare la gola alla propria moglie. No, il magistrato Vigna è troppo integerrimo e troppo colto per alimentare odi del genere, almeno non in modo diretto; e poi chi scrive nulla sa, né la sua inadeguata fantasia riesce ad immaginare, delle disavventure familiari del procuratore Vigna: può solo ipotizzarle. Ma, cosa volete che sia un’ipotesi, andiamo, per farla ergere a causa di tanto accanimento?
Eppure questo intento persecutorio, questo velo all’intelligenza, per non dire alla vista, è documentabile: attraversa la storia giudiziaria degli anarchici degli ultimi vent’anni e, di per sé, non è mai arrivato ad azzannare fino in fondo, fino alla carne e all’osso. Qualche morso qua e là, niente di grave. Adesso i progetti di Vigna si fanno all’in grande, come si confà ad un procuratore capo, ufficio elevato nella graduatoria dei fornitori delle galere repubblicane.
Ma, come ogni artista, Vigna ha bisogno di aiutanti, di collaboratori, di altri uomini come lui, animati del sacro fuoco della verità. E, di recente, ha trovato questi uomini. Il loro motto potrebbe essere quello di Giacomo Casanova: “Vincasi per virtù o per inganno, il vincer sempre fu laudabil cosa”».
[Tratto da “I giustizieri in toga e gli anarchici”, pubblicato in Con ogni mezzo necessario. Dossier sulla nuova Inquisizione, Paris 1996, pp. 38-41].
Con ogni mezzo necessario
Dossier sulla nuova inquisizione
Paris, 1996.
60 pagine.